F. J. Haydn: Cello Concerto No. 1 in C, Hob. VIIb/1
1. Moderato
2. Adagio
3. Allegro molto
P. Wranitzky: Cello Concerto in C, Op. 27
4. Allegro maestoso
5. Adagio ma non troppo
6. Rondò (Allegro molto)
F. J. Haydn: Cello Concerto No. 2 in D, Hob. VIIb/2
7. Allegro moderato
8. Adagio
9. Rondò (Allegro)
Benché vengano attribuiti ad Haydn più di 8 concerti per violoncello e orchestra, soltanto due sembrano essere attribuibili con ragionevole certezza al compositore austriaco: il primo in do maggiore, e il secondo in re maggiore (rispettivamente, nel catalogo tematico di van Hoboken: Hob. VIIb/1, composto fra il 1761-65, e Hob. VIIb/2 – numero d’opera 101 – datato 1783). Entrati nel comune repertorio, sono generalmente considerati fra i concerti più interessanti dopo Vivaldi (e comunque fra i più belli del secolo decimo ottavo), e segnano proprio il passaggio dall’epoca barocca a quella classica. Il secondo è diventato un vero e proprio must con cui si cimentano da sempre i più grandi violoncellisti: da Rostropovich a Fournier a Yo-Yo Ma. La presente incisione vede anche un concerto decisamente meno noto, specie al pubblico mediterraneo, del moravo Pavel Vranický, il cui nome venne più tardi germanizzato in Paul Wranitzky (Nová Říše, Moravia, 1756 – Vienna, 1808). Esempio illustre di come la Storia dispensi fama e oblio spesso senza alcuna ragione apparente, Wranitzky, che oggi deve essere presentato di nuovo al pubblico, godette ai suoi tempi della stima incondizionata non solo degli Asburgo, ma anche dei suoi colleghi musicisti: in primis dello stesso Haydn, ma anche di Mozart e di Beethoven di cui diresse, fra l’altro, la prima Sinfonia allo scoccare del nuovo secolo. Alcuni critici ritengono i suoi oltre 50 quartetti d’archi superiori persino a quelli di Mozart, mentre le sue Sinfonie (di cui pure ci sono giunte poco più di una quarantina di opere) reggono il confronto con quelle di Haydn senza alcun senso di inferiorità.